Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Gli Apostoli: tre partigiani italiani (uno di Arcola) in Etiopia

C’è questa storia che ho sentito raccontare a spizzichi e bocconi sugli uomini della foto qui sopra, militanti antifascisti che, reduci dalla guerra di Spagna, fra il 1939 e il 1940 vanno a combattere in Etiopia a fianco della resistenza abissina. Con il Negus, Hailé Selassié, contro gli occupanti italiani. In Etiopia assumono nomi di battaglia coordinati, e cioè da sinistra verso destra Johannes (Anton Ukmar), Paulus (Ilio Barontini) e Petrus (Domenico Bruno Rolla). I tre sono noti, anzi vogliono essere noti, come gli Apostoli. Se capisco bene, la foto stessa è parte dell’avventura, anzi della sua parte finale. Se la fanno insieme sulla via di un difficile ritorno verso l’Europa, a Khartoum, in Sudan, dove sono accolti e assistiti dal generale britannico Harold Alexander.

Dico “se capisco bene” perché per ora, per verificare queste vicende che ho sentito raccontare, ho solo trovato cose sparse qua e là, so che ci sono almeno un paio di bei libri in proposito, uno appena uscito da Laterza (vedi in fondo al post), ma non li ho sotto mano. Li avrò, li vedrò e sarò più preciso. 

Ma intanto, perché non c’è un film su una storia così, su personaggi così?

Chi è che li manda in Etiopia dopo la Spagna? Da qualche parte leggo che sono i servizi segreti francesi e britannici, altrove che sono i dirigenti italiani degli espatriati comunisti o dell’internazionale comunista, magari tutti insieme d’amore e d’accordo. Dimenticavo: i tre sono tutti e tre comunisti. Che cosa fanno in Etiopia? Arrivano via il Cairo e Khartoum, aiutano gli abissini a procurarsi le armi, li addestrano a fare la guerra per bande, a evitare gli scontri campali con l’esercito coloniale fascista, a muoversi da guerriglieri nelle campagne contro le città. Fanno propaganda antifascista verso i militari e i coloni italiani, fondano il giornale La voce degli abissini. E cercano di sfuggire alle autorità che danno loro la caccia.

Che ne è di loro dopo Khartoum? Ma è ovvio, diventano comandanti partigiani in Italia, e arrivano vivi e vincenti al 25 aprile.  

Johannes sembra il tipo più avventuroso, o almeno quello che ha attraversato più frontiere. 

Anton Ukmar (1900-1978) è un ferroviere triestino di etnia slovena. Espatriato in Francia, poi in Urss, commissario politico di una brigata Garibaldi in Spagna, dopo l’Etiopia (dove si prende la febbre gialla) è internato dal governo francese. Riesce a scappare, nel 1943 è mandato dal partito sulle montagne liguri, di nuovo nelle brigate Garibaldi. A Genova nel 1945 colleziona la cittadinanza onoraria e una Bronze Star alleata. Va a far politica a Trieste e poi, appena oltre confine, in Jugoslavia. Sempre in tempi difficili, conflittuali, fra comunisti italiani, titoisti, stalinisti. Alla fine risiede a Capodistria ed è deputato nel parlamento della repubblica socialista di Slovenia.

Paulus è probabilmente il più noto, è anche il più autorevole, mi sembra. 

In Africa è lui a guidare l’impresa, è addirittura nominato vice-imperatore dall’imperatore Hailé Selassié. Ilio Barontini (1890-1951) è un operaio e ferroviere livornese di Cecina, anarchico, socialista, fra i fondatori del partito comunista nel 1921. Vive la vita di tanti comunisti della sua generazione: Francia, Urss, Spagna. Dopo l’Etiopia è di nuovo in Francia, questa volta come combattente nel Maquis, e infine fra i comandanti della resistenza italiana in Emilia-Romagna, a Bologna, una Bronze Star alleata anche per lui. Nel dopoguerra è segretario del PCI a Livorno, deputato di Pisa-Livorno all’assemblea costituente e senatore della repubblica.

Ma è Petrus la ragione per cui sapevo un po’ di queste cose, essendo uno delle mie parti, proprio del mio paese. 

Domenico Bruno Rolla (1908-1954) è un operaio di Arcola, di Baccano per la precisione, in provincia di La Spezia. Comunista in clandestinità, espatria a Parigi insieme all’amico Ugo Muccini. Va in Spagna dove è ferito sul fronte dell’Ebro (sono almeno una decina i combattenti arcolani in Spagna, tanti a pensarci, Muccini muore in battaglia nel 1938, darà il suo nome a una brigata Garibaldi operante fra Sarzana e le Alpi Apuane). Internato in Francia, Rolla è fatto evadere in vista della missione etiope. Dopo la quale, e dopo varie altre peripezie, compreso un campo di prigionia e il carcere, è anche lui all’appuntamento della lotta armata in Italia, comandante partigiano in Abruzzo. È infine dirigente del PCI nel dopoguerra. 

Fra l’altro Rolla è lo zio di Mimma Rolla (1927-2016), giovanissima partigiana arcolana, staffetta della “Ugo Muccini”, poi medico molto noto, anche all’Università di Pisa, femminista, figura amatissima (coetanea e compagna di classe alle scuole elementari di mia madre). 

E insisto, perché non c’è un film su una storia così? Anzi su storie, al plurale, così? Così straordinarie che sembrano inventate, alla Emilio Salgari o alla Graham Greene? (Dipende molto da che scrittore sei.)

E voglio dire, non un film in bianco e nero di severo impegno civile, con protagonisti presi dalla strada, destinato ai cineclub, roba nostra per noi che sappiamo già. Ma piuttosto un cinema rutilante di colori e di paesaggi, di musiche morriconiane, di intrighi internazionali, di grandi ideali un po’ kitch che piacciano a tutti, con allusioni a crociate e jihad (con quei noms de guerre lì)? Con eroi belli e romantici e qualche storia d’amore (magari non alla Montanelli)? Qualcosa tipo Peter O’Toole in un Lawrence d’Arabia meno orientalista, o Charlton Heston in Khartoum, Warren Beatty in Reds, ma basterebbe anche un Queimada. Purché con Marlon Brando.

“Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, / le cortesie, l’audaci imprese…” Perché no?

Di Marco Ferrari, Il partigiano che divenne imperatore (Laterza, 2025) scopro troppo tardi che è stato appena presentato proprio a Arcola. Di Giorgio Neri, Domenico Bruno Rolla. Partigiano in tre Nazioni (2009), ho solo il titolo.

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