Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Il Ministero della Verità Storica

E così, con questo bel titolo orwelliano, Restoring Truth and Sanity to American History, è arrivata la polizia del pensiero, quella vera, emanazione diretta del governo almeno nelle aree su cui il governo federale abbia diretta responsabilità. Con l’ordine esecutivo del Presidente Donald J. Trump datato 27 marzo 2025 (qui il testo completo) è arrivato una specie di Ministero della Verità e del Buonsenso, o della Sanità Mentale, a seconda di come si voglia tradurre sanity.

E che tutti ne prendano nota.

Che si tratti di vera polizia non vuol dire che sia di necessità vincente, tutt’altro. La materia storica, anche nelle forme più o meno ufficiali di public history, scappa da tutte le parti. Gli aspetti controversi, non patinati e anche oscuri della storia degli Stati Uniti (come quella di tutti i paesi) non sfuggono ai cittadini che li vivono sulla loro pelle, in ogni angolo di una società eterogenea e conflittuale. La ricerca storica pura o applicata è troppo complessa e ribollente per essere ridotta con facilità a propaganda; la tensione fra frammentazione e unità, divisione e convivenza è comunque il suo migliore cuore problematico. E tuttavia il brutale intervento del governo rivela d’improvviso quanto fosse fragile e velleitario, animato da buone passioni ma non innocente nei suoi più scemi estremismi, il potere di polizia attribuito dai suoi critici e nemici alla cosiddetta cancel culture. E quanto fosse fragile e inconclusa la sua supposta vittoria finale, prima del terremoto.

Il Presidente degli Stati Uniti se la prende con i musei pubblici gestiti dalla Smithsonian Institution nella capitale e ordina al Vicepresidente e acting Big Brother J.D. Vance di eliminare le ideologie divisive che vi dominano. Sono citati soprattutto l’American Art Museum (dove c’è una mostra su scultura e razzismo), l’American Women’s History Museum (prossimo ad aprire, con una mostra sulle donne nello sport che, ahimé, includerebbe anche maschi) e il National Museum of African American History and Culture (e qui forse basta il nome). Poi il Presidente se la prende anche con i monumenti. 

È politica della mia Amministrazione ripristinare i siti federali dedicati alla storia, tra cui parchi e musei, alla loro funzione di monumenti pubblici solenni ed edificanti che ricordino agli americani la nostra straordinaria eredità, i costanti progressi verso un’Unione più perfetta e il record ineguagliabile di libertà, prosperità e sviluppo umano. I musei nella capitale della nazione dovrebbero essere luoghi in cui gli individui vanno per imparare, non per essere sottoposti a indottrinamento ideologico o narrazioni divisive che distorcono la nostra storia comune.

La sezione sui monumenti mi interessa molto, dato il mio recente lavoro proprio su faccende che li riguardano, nel libro I fastidi della storia. Quale America raccontano i monumenti (Il Mulino, 2023). E questo è ciò che ordina il Presidente al  Secretary of the Interior che gestisce i parchi pubblici dove molti monumenti sono collocati: ritornare a prima del gennaio 2020, cancellare l’ultima grande ondata di agitazioni anti-monumentali.

Il Segretario degli Interni dovrà: (1) determinare se, dal 1° gennaio 2020, monumenti pubblici, memoriali, statue, marcatori o proprietà simili […] siano stati rimossi o modificati per perpetuare una falsa ricostruzione della storia americana, minimizzare in modo inappropriato il valore di certi eventi o personaggi storici o includere qualsiasi altra ideologia partigiana impropria; (2) adottare misure per ripristinare i monumenti, memoriali, statue, marcatori o proprietà simili preesistenti, come appropriato e coerente […]; e

(3) adottare misure […] per garantire che tutti i monumenti pubblici, i memoriali, le statue, i marcatori o le proprietà simili […] non contengano descrizioni, raffigurazioni o altri contenuti che denigrino in modo inappropriato gli americani del passato o viventi (incluse le persone che vivevano in epoca coloniale), e si concentrino invece sulla grandezza dei risultati e dei progressi del popolo americano o, per quanto riguarda le caratteristiche naturali, sulla bellezza, l’abbondanza e la grandiosità del paesaggio americano. 

E qui, quelle parole fra parentesi, “including persons living in colonial times”, mi sembra che esprimano uno sprazzo di accorata empatia, un sentimento particolarmente umano, come se quelle persone fossero ancora con noi.

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