Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Il Novecento era finito, già nel 2016

Rubo e copio alcuni degli ultimi capoversi del libro di Tiziano Bonazzi, La fata ignorante. Frammenti americani (Il Mulino, 2025, pp. 198-201). Il volume è freschissimo di stampa, il primo con la data 2025 che mi capiti fra le mani. E queste pagine possono essere una lettura adatta  per il giorno di oggi nella storia degli Stati Uniti. 

Il titolo allude al quadro che sta in copertina, La fata ignorante di Magritte (1956): “ci mostra un viso di donna bionda dagli occhi azzurri, bello, immerso a metà nella luce e a metà oscuro per la luce nera che lo colpisce da una candela dalla fiamma nera”.

“La Fata parla della libertà con due bocche e due lingue contrarie ed entrambe sono vere”   

Cosa ho imparato in tutti questi anni? La domanda è pertinente e la risposta è la stessa: non lo so. Sono disarmato di fronte a ciò che vedo e lascio che Emerson corra in mio aiuto. La verità, occorre credere nella verità oggi e negarla domani a favore di un’altra verità in cui si crede, si crede davvero. Occorre giocare alla ruzzola, aggiungo io, e lanciare il disco di legno – o di formaggio stagionato – il più lontano possibile a rotolare lungo il percorso stabilito. E’ un gioco popolare antico che esiste ancora. A Bologna la si gioca, credo, vicino al Pontelungo sul fiume Reno. E il disco andava e andava se il lanciatore era bravo. Sulle sue due facce tutto si mescolava e nulla era fisso e quando si fermava cadeva e un altro giocatore lo raccoglieva e lo lanciava di nuovo, e di nuovo tutto girava e si mischiava e nulla aveva senso se non l’affascinante roteare e le grida e gli insulti dei contendenti.

Ho imparato questo.

Il 5 novembre è ripreso il gioco della ruzzola ed è ripreso là dove il disco di Joe Biden era caduto. E’ toccato a Donald Trump lanciare il suo e appena lanciato già tutto si mischia e forma una fitta polvere che rotea e rotea come una tempesta. Biden, occorre dirlo, aveva lanciato la ruzzola su una pista ormai inservibile e per quattro anni aveva fatto la respirazione bocca a bocca a un’America ormai tramontata. Il Novecento era finito. Era finito nel 2016 con la prima vittoria di Trump e del suo MAGA anche se non avevamo voluto ammetterlo e avevamo fatto in tanti le tre scimmiette. Il MAGA oggi riapparso vincitore non è un movimento conservatore e neppure populista, è un movimento che intende mutare il paradigma che ha costituito la pur fragile, ma costante spina dorsale del mondo euroamericano dal Settecento al Novecento, dall’Illuminismo, dai documenti americani del 1776 e del 1787 e da quelli francesi della Rivoluzione del 1789. Il paradigma che pone al centro del vivere la ragione, una ragione da rinvenire e far trionfare pur fra ricette opposte; ma che non può non essere guida degli esseri umani.

La forza del MAGA è nel suo paradosso, nel suo volere da un lato vincere definitivamente le guerre culturali americane incardinando gli Stati Uniti nel passato, nella tradizione sociale e culturale di metà Novecento, e al tempo stesso creare il futuro con una neocultura radicale la cui retorica spregiativa e insultante è volta non a sconfiggere ma ad annichilire l’avversario dandogli il marchio dell’infedele, del traditore. Una neocultura il cui progetto non è più teso, come per quella illuminista, a essere inclusivo pur nelle sue contraddizioni, bensì a definire, a istituire una frattura tra la fascia alta dei cittadini, collocata al di fuori della portata della maggioranza per le sue competenze tecnicoscientifiche ed economiche, e quest’ultima immobilizzata nelle certezze della tradizione. […]

Le mie sono parole di un uomo del Novecento, di un secolo andato, e penso abbiano il sapore di un biscotto muffito; ma non posso non rifarmi al mio secolo quando penso al presente, se non posso vederlo che attraverso la Fata ignorante e il suo sguardo che è uno in quanto duplice. Non resta che Emerson e la sua verità che si deve inseguire difendendola e negandola in un processo infinito oppure la sua libertà che occorre inseguire anch’essa per sempre. Non so, non ho imparato nulla nel mio vivere da americanista. Non ho nulla da dire se non la mia fugace impressione che la storia americana sia un continuo inseguire, un becoming che si annienta nel punto di realizzarsi travolto sempre da una cascata di lava che lo imprigiona, e riparte. Il mio secolo è finito e io sto ancora abbastanza bene questa sera.

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