Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Verso le elezioni americane di novembre, in un mondo alternativo

Dunque. Biden, da anziano e amato statista che desidera il bene del paese e del partito, ritira la sua candidatura alla rielezione. Benedice i suoi delegati e li lascia liberi di scegliere chi vogliono alla convenzione democratica del 19 agosto a Chicago. 

Fra oggi e il 19 agosto (sette settimane) vengono fuori i possibili candidati alternativi e mostrano di cosa son capaci. La convenzione di Chicago è “aperta”. Come accadeva nella storia bisecolare dei partiti americani prima dell’avvento delle primarie moderne, sessant’anni fa, non c’è un “presumptive nominee”. C’è, come ai vecchi tempi, il solito vecchio gioco: l’intreccio fra sperato consenso popolare (sondaggi?), preferenze dei delegati e pressioni dell’apparato. Sapendo che l’apparato vuole una cosa sola, un candidato che vinca. La scelta della persona giusta avviene con gran fanfara mediatica, evento storico!, breaking news!, TikTok!, insomma se ne parla un sacco, il suo nome diventa famigliare.  

Poi c’è la campagna elettorale vera e propria fino all’inizio di novembre (dieci settimane). Nota bene, 7 settimane + 10 settimane non è che manchi il tempo. E’ un periodo più lungo di tante campagne elettorali europee, e non solo in tempi di “snap elections” (come proprio ora in Francia e nel Regno Unito, come l’anno scorso in Spagna).

Nel frattempo le strategie e tattiche dei repubblicani vanno in tilt. Alla loro convenzione di Milwaukee, il 15 luglio (fra due settimane appena), si ritrovano improvvisamente senza la persona da infangare come un pericoloso senile rimbambito. Devono mettere da parte i pupazzi, inventarsi qualcosa in fretta o magari, Dio non voglia, parlare di issues. Fino alla seconda metà di agosto se la devono prendere con un nemico astratto, senza un volto, il democratico universale. Persino Trump vive il travaglio di trovare insulti e nomignoli insultanti per tutti i protagonisti senza poter concentrare il fuoco. E si entra a settembre.

Dopodiché, come diceva quello cent’anni fa, il vigoroso e ottimista Teddy Roosevelt, siamo ad Armageddon e combattiamo per il Signore. E come diceva quell’altro negli anni Cinquanta, il disincantato giornalista televisivo Ed Murrow, good night and good luck.

P.S. Un’amica mi chiede se me lo auguro. Sì, me lo auguro, sarebbe un messaggio di vita mentre ormai il Biden elettorale manda un messaggio di morte imbalsamata. (Credo che continuerebbe a essere un buon presidente dentro la Casa bianca, ma appunto bisogna vincere per restarci e la campagna elettorale è, com’è giusto, un’altra storia.) L’amica sottolinea anche un’altra questione che in effetti dovrei aggiungere (vediamo): un processo del genere mostrerebbe la vitalità del partito democratico, che mannaggia è vitale, è vivo, ha idee, anche troppe, ha uomini e donne della generazione che ci vuole (lasciando perdere le fantasie su Michelle O). Oltre tutto, da non dimenticare: il candidato alla presidenza è una specie di capolista, trascina con se le candidature alle cariche inferiori, down-ballot si dice, una sua cattiva performance elettorale riguarda anche la Camera, il Senato, gli stati…

Categorie:Uncategorized

Lascia un commento