Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

La razza bianca sarà sommersa dalle razze colorate, un fantasma che si aggira nel Grande Gatsby

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Dal film The Great Gatsby, 2013, diretto da Baz Luhrmann

“La civiltà sta andando in pezzi”, proruppe bruscamente Tom. “Sono diventato terribilmente pessimista. Hai letto The Rise of the Coloured Empires di questo tizio Goddard?”

“Per la verità, no”, risposi piuttosto sorpreso dal suo tono.

“Be’, è un buon libro, credo che dovrebbero leggerlo tutti. L’idea è che se non stiamo in guardia la razza bianca sarà – sarà completamente sommersa. È tutta roba scientifica; è provato”.

“Tom sta diventando molto profondo”, disse Daisy con un’espressione triste e distratta. “Legge libri profondi con un sacco di paroloni. Qual era quella parola che –”

“Be’, questi libri sono tutti scientifici”, insistette Tom, guardandola con impazienza. “Questo tipo ha messo in chiaro tutta la faccenda. Ora sta a noi, che siamo la razza dominante, stare in guardia o le altre razze avranno il controllo della situazione”.

“Dobbiamo rimetterli al loro posto”, sussurrò Daisy, strizzando gli occhi con ferocia verso il sole ardente.

“Dovresti vivere in California –” esordì Miss Baker ma Tom la interruppe muovendosi pesantemente sulla sedia.

“L’idea è che noi siamo Nordici. Lo sono io, e lo sei tu e lo sei tu e –”. Dopo un’esitazione infinitesimale incluse anche Daisy con un cenno del capo e lei mi strizzò di nuovo l’occhio. “– e siamo noi che abbiamo prodotto tutte le cose che fanno la civiltà – oh, la scienza e l’arte e tutto. Mi segui?”

Il libro citato dal personaggio di The Great Gatsby (1925) di Francis Scott Fitzgerald allude a un libro vero – che ha come titolo The Rising Tide of Color Against White World-Supremacy e come autore Lothrop Stoddard. E’ un libro del 1920, cent’anni fa, che propone prove “scientifiche”, appunto, per dimostrare la superiorità della razza bianca ma anche il suo pericoloso declino come razza dominante a livello mondiale. E’ un libro influente e tutt’altro che marginale, è pubblicato da un editore rispettabile, Scribner’s, lo stesso di Fitzgerald. Il suo autore ha un dottorato in storia a Harvard, mica noccioline.

Stoddard riprende i temi e il linguaggio di un altro libro recente e altrettanto influente, The Passing of the Great Race (1916) di Madison Grant. E come Grant, che lo benedice scrivendogli un’introduzione, si riferisce non tanto alla razza bianca in generale, quanto piuttosto a quella “Nordica” – una categoria che include gli europei settentrionali e occidentali (tipo anglo-sassoni, caucasici, teutonici, danesi, scandinavi, vichinghi qualunque cosa tutto ciò voglia dire) e che mette su un gradino inferiore gli europei orientali e meridionali. La razza Nordica è quella che sa auto-governarsi, gli altri europei sanno farlo meno o per niente. La razza Nordica è quella che deve mantenere la guida nella difesa della civiltà contro la marea montante delle razze di colore che vogliono prendere il nostro posto – ma anche contro la corruzione portata dai bianchi non-Nordici, inferiori, meno desiderabili, meno forti, meno adatti a contrastare la sostituzione razziale, essi stessi protagonisti di una sostituzione etnica.

Stoddard scrive: “Le migrazioni di colore sono un pericolo universale, minacciano ogni angolo del mondo bianco”.

(Nel 1929, a Chicago, avrà un dibattito pubblico, testa a testa, con il grande intellettuale afro-americano W.E.B. DuBois sul tema “Hanno i neri le stesse possibilità intellettuali delle altre razze?” DuBois sosterrà che “Sì!”, Stoddard, indovina un po’, sosterrà invece che “No!”)

All’inizio degli anni Venti queste idee, che stanno portando il governo degli Stati Uniti alla chiusura selettiva delle frontiere all’immigrazione di massa, sono diffuse anche dal più popolare settimanale del tempo, la Saturday Evening Post, con i suoi due milioni di lettori. Gli editoriali infiammati del direttore George Horace Lorimer evocano fra l’altro la paura dell’intermarriage razziale, della miscegenation, della nuova arroganza nera, soprattutto nelle metropoli più multirazziali.

E gli amici di Gatsby leggono la Saturday Evening Post.

“Lui non sta provocando una lite”. Daisy guardò disperatamente da uno all’altro. “Tu stai provocando una lite. Per favore vedi di controllarti un po’”.

“Controllarmi!” ripeté Tom incredulo. “Suppongo che l’ultima moda sia stare buono e tranquillo mentre un Signor Nessuno spuntato dal Nulla flirta con tua moglie. Bene, se questa è l’idea, non contate su di me… Oggigiorno la gente comincia con il farsi beffe della famiglia e delle sue istituzioni e vedrete che finirà con il liberarsi di ogni inibizione e sposarsi fra bianchi e neri”.

Eccitato dal suo appassionato sproloquio si vide come il solitario difensore dell’ultima barricata della civiltà.

“Siamo tutti bianchi qui”, mormorò Jordan.

Mentre attraversavamo Blackwell’s Island [sul ponte che porta a Manhattan] ci sorpassò una limousine, guidata da uno chaffeur bianco, su cui viaggiavano tre Negri elegantissimi, due giovanotti e una ragazza. Scoppiai a ridere mentre i loro occhi rotearono verso di noi in sprezzante rivalità.

“Tutto può succedere ora che abbiamo superato questo ponte”, pensai; “tutto può succedere …”

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Categorie:Immigrazione

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